Oggi è proprio primavera e dalla finestra, adesso, mi godo le nuvole e ci faccio quello che voglio. Le prendo e le giro. Le apro. Le strizzo. Le deformo e le mordo.
Con le dita come pennarelli e matite ridisegno tutto quello che c’è fuori e ci metto anche il suo viso lì in mezzo, con un po’ di petali che scendono e un goccio di vento in più perché oggi c’è poco vento ma a me piace quando è forte. Mi fa ridere il vento.
Guardo le nuvole che coprono e scoprono il cielo e improvvisamente il vento si alza e fischia. S’impenna. Scalcia. Io sorrido. Tutto un vorticare di foglie, petali, raggi, il sole diventa spirale e splende più di se stesso, adesso. Il tetto della classe si strappa come una foglia strappata dal vento e l’aria entra senza chiedere niente. I miei compagni ridono e guardano il tetto volare verso un punto impreciso, verso l’orizzonte lungo e piatto che inghiotte la vista e la luce.
Si alzano i fogli e si compongono aeroplani. Qualcuno li fabbrica e li lancia. Qualche foglio si piega da solo e si lascia prendere dal vento e trasportare chissà dove.
Tutto è gioco.
Cade la parete. Nel vuoto. Perché noi siamo in alto e ci stiamo lasciando andare. Siamo palloncini in carne e ossa, qualcuno si stacca da terra e si prende per mano e comincia a mulinare insieme alle foglie, ai petali e al sole.
Girotondo.
Le nuvole corrono forsennate da tutte le parti e hanno tutte le forme di animali e tutti ridono. Cade un’altra parete e poi un’altra ancora. Senza rumore. Volano via. Chissà dove. Tutto è pieno di vuoto e l’aria non pesa. Le gomme, distrattamente uscite dagli astucci, cancellano pezzi di cielo ma dagli squarci nasce altro blu ed escono altre nuvole come da un magico passaggio, una porta collegata alla fabbrica del mondo e dei colori.
– Ciao.